Saturday, June 02, 2007

TRABIA, I GIOVANI E LA POLITICA

I giovani trabiesi mi sembrano piuttosto defilati rispetto ai problemi della politica in generale e di quelli di Trabia, in particolare, come avviene, del resto, in gran parte d'Italia. Spesso le sezioni locali dei partiti sono rette da vecchie cariatidi che non riescono a liberarsi dall'antico vizio di ridurre l'attività politica alla semplice (ma feroce, a volte) ricerca di vantaggi per sé e per i propri parenti e amici. Questo dato, però, non va generalizzato. C'è sempre una minoranza, anche se esigua, che sente e soffre i problemi non risolti, incancreniti, della comunità. A queste persone, quasi sempre emarginate, si devono aggiungere quelle che stanno fuori dai partiti perché disgustate da un andazzo che appare loro immodificabile; essi sfogano la loro rabbia in mugugni o in animate discussioni con gli amici e, magari, astenendosi dal voto. Si tratta di un atteggiamento sterile che non porta da nessuna parte, che lascia le cose come stanno. I giovani rimangono lontani, sullo sfondo di un mondo che sembra appartenere solo a gente matura o proprio anziana. A mio parere questa situazione è la principale causa del progressivo distacco della politica dalla società. I politici, sempre più autoreferenziali, tendono a chiudersi in casta, perdendo i collegamenti con i problemi veri della società. Questi problemi, guarda caso, riguardano in gran parte i giovani. In una società in cui si moltiplicano in maniera esponenziale proprio i problemi dei giovani, l'educazione, la scuola, la formazione professionale, l'occupazione, lo sviluppo economico, l'imprenditorialità giovanile, la droga, il tempo libero, la violenza, il pericolo di affiliazione a mafia, ndrangheta e camorra, la microcriminalità giovanile, la classe politica appare distratta, immersa nei giochi di potere e nella ricerca del consenso attraverso i vecchi e ormai logori metodi delle clientele e dello scambio, mentre i giovani brillano per la loro assenza. Ecco la frattura, il muro tra politica e società, tra politica e giovani, l'indifferenza, la mancanza di una ricerca delle cause vere del disastroso stato di sottosviluppo in cui versano comunità come quella di Trabia. In qualche mio scritto ho provato ad individuare l'origine dei mali di Trabia, la sua decadenza economica dagli anni '50 ad oggi, le possibili vie di riscatto da una situazione quasi disperata, specie per i giovani che non vedono davanti a sé un decoroso futuro nella terra dei propri avi: Ho evidenziato l'insufficienza di una classe politica che non ha saputo salvaguardare le cospicue risorse del paese, quali le strutture economiche ereditate e le straordinarie bellezze monumentali e paesaggistiche; che non ha saputo valorizzare le attività produttive esistenti e crearne altre congeniali. Tra queste poteva e potrebbe spiccare le ali il turismo, a patto che si ponga fine allo scempio edilizio del territorio. La mia non vuole essere un'accusa tout court . So che ci sono state e ci sono, tra gli amministratori, persone desiderose di svolgere bene il proprio compito, ma l'ambiente assurdamente chiuso ha impedito e impedisce loro di far valere una linea di cambiamento, efficace e liberatoria. In una situazione di questo genere i giovani che fanno? E' giusto che si dedichino alla loro formazione, ai giochi, agli sport, ai divertimenti, agli amori della loro età; ma la gravità dei problemi incalza. Non è possibile, per i giovani, in una situazione di assenza di prospettive, rimanere estranei e delegare ad altri, totalmente e acriticamente, la gestione della cosa pubblica. In una società pesantemente penalizzata dai condizionamenti del prepotente ed egoistico parassitismo affaristico, c'è bisogno della freschezza di forze nuove, dell'entusiasmo e dello slancio, della purezza d'intenti, di una nuova generazione, non rassegnata e ribelle ad ogni costrizione psicologica e ambientale. L'ingresso di una ventata di gioventù nello stanco agone politico cittadino, la sua forza d'urto, unita all'esperienza degli elementi sani delle precedenti generazioni, possono fare il miracolo di uno scarto decisivo dell'azione amministrativa verso ambiziosi approdi di emancipazione e di sviluppo. La via diretta per giungere a questi risultati è la partecipazione alla vita dei partiti. Non vedo altra strada. Lo so, qualche volta c'è da turarsi il naso. I gruppi dominanti sono difficili da scalzare, ma la forza dei numeri può sovvertire qualsiasi situazione. Nelle moderne democrazie i partiti sono strumenti insostituibili dell'azione politica. I movimenti, l'associazionismo, le mobilitazioni, le pressioni delle piazze, la forza dell'opinione pubblica, la libertà della comunicazione, sono altrettanti strumenti di democrazia (guai se non ci fossero); ma sono i partiti i veicoli del consenso democratico, della partecipazione, i portatori degli orientamenti politici, gli ispiratori degli indirizzi e dei programmi. Al loro interno, in maniera più o meno estesa, si attuano i primi conflitti di interessi o di opinioni, si realizza l'addestramento alla dialettica democratica, si svolge il faticoso lavoro di cucitura e di mediazione delle varie posizioni emerse, si imbastiscono le conclusioni che daranno voce al partito nell'arena della competizione politica, nella quale hanno luogo, a loro volta, gli scontri e gli incontri necessari per la formazione delle maggioranze che governeranno le istituzioni democratiche. Senza conflitto (ovviamente non violento) e senza libertà non c'è democrazia. Le campagne elettorali sono il momento clou delle dialettiche democratiche, la visione plastica di una società viva e responsabile del proprio destino. Purtroppo non tutto si svolge alla luce di questi canoni classici di democrazia. Nelle ultime campagne elettorali abbiamo avuto notizia di vergognosi mercimoni, di contrattazioni e di acquisizione di voti mediante scambio che testimoniano l'estrema debolezza delle classi disagiate e lo spirito di cinica sopraffazione di gruppi più o meno legati o legittimati da qualche partito. In certe città, specie del Sud, intere maggioranze si reggono su voti praticamente estorti alla buona fede e al bisogno delle fasce più sfortunate della popolazione. Gli eletti con questi metodi degradanti si sentono sciolti da ogni dovere di rappresentanza, non pensano minimamente a promuovere concrete politiche di emancipazione dei loro elettori, si reputano liberi di dedicarsi esclusivamente ai propri egoistici interessi, lasciando al loro destino di miseria materiale e morale coloro che li hanno votato. Anche su questo versante i giovani sono la parte più legittimata a portare pulizia ed onestà di comportamenti. La democrazia, col suo libero sistema dei partiti, è un'immensa palestra dove ogni giovane può esercitare le proprie qualità, conseguire le proprie aspirazioni e ambizioni, contribuire alla elevazione materiale e culturale di tutti i membri della società, allargare gli spazi di espressione, di comunicazione e di libertà.
A.C.

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