CHE COSA E' SUCCESSO, E SUCCEDE, INVECE, A TRABIA?
Adesso vediamo che cosa è avvenuto, e avviene, a Trabia in fatto di piano regolatore, trasparenza, partecipazione, di responsabilità e ruolo della classe politica locale. Il piano regolatore del 1979, dopo dieci anni, venne a scadenza. Un sindaco illuminato (Salvatore Piazza, di lui c'è pure da dire, per far conoscere meglio lo spessore di questo amministratore, che tentò, con tutti i mezzi a disposizione, di acquisire alla proprietà comunale il castello dei Principi Lanza ), credo nel 1989, predispose un “Piano di recupero urbanistico” per mettere ordine nella zona “Piani-Giardini”, oggetto di “cementificazione a tappeto, selvaggia, senza regole e senza criteri. Apriti cielo! La lobby (gruppo di interesse) dei giardinieri insorse. Con la scusa paradossale di proteggere la “coltura del nespolo”, con proteste, manifestazioni, ricorsi e denunce, riuscì a fare incagliare il provvedimento sugli scogli della burocrazia e a neutralizzarlo. Abbiamo visto come è finita: con la giungla edilizia; altro che difesa del nespolo! I singoli proprietari, accecati dal tintinnìo del denaro facile, agevolati dal vecchio piano regolatore da suicidio, che consentiva pazzescamente di costruire una casa con soli cinque-settecento metri quadrati di terreno, continuarono alacremente a svendere i loro appezzamenti di frutteto, intascando il prezzo del tradimento del futuro dei propri figli. La meravigliosa fascia di pianura costiera, che si estendeva da Trabia ad oltre San Nicola, è stata devastata da un'edilizia avida, impermeabile per ogni esigenza che non fosse il cieco interesse personale. Con la proprietà di due o tre tumuli di quei frutteti una famiglia poteva vivere dignitosamente; con cinque-dieci si era dei signori. Il terreno era di una fertilità eccezionale, la terra quasi nera, pastosa, arricchita dalla lenta erosione di altipiani e colline, era l'ideale per la coltura delle specie più pregiate di frutta e verdura, avendo a disposizione una straordinaria ricchezza d'acqua, invidiata da tutta la Sicilia. Oggi, se tutelata da un rigoroso piano regolatore, questa bella pianura , che il buon Dio e la natura hanno voluto donare ai trabioti, avrebbe potuto essere una fonte rigogliosa di lavoro e di benessere in un mondo che sempre più si rivolge all'agricoltura biologicamente pura, ai prodotti genuini della buona terra non trattata dai veleni dei moderi ritrovati chimici. Qualcuno potrebbe osservare: illuso, questo è un quadro idillico e nostalgico; la realtà è ben diversa. Invece, cari lettori, vi sto parlando di futuro, futuro vostro che in gran parte avete bruciato, futuro dei vostri figli che non ne vedono dinanzi a sé e che si annoiano alla “Favara”, ribattezzata “Favarella” per abbellire il presente oscuro, mentre un ammasso informe di case vi ruba quel sole che avrebbe dovuto illuminare le vostre attività e la costruzione di un futuro migliore per voi e per i vostri figli.
(5-continua)
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