TRABIA VUOLE RASSEGNARSI AD UN DESTINO DI SOPRAVVIVENZA PARASSITARIA E DI EMIGRAZIONE?
Il nostro sindaco Salvatore Piazza (che ricordo sempre con affetto), nella sua pregevole, e, a tratti, sofferta relazione sull'attività dell'Amministrazione comunale nel 2006, richiama in più di un punto il famigerato piano regolatore del 1979 (rese edificabile quasi tutto il territorio comunale) e le sue conseguenze. Parlando della stagnazione delle attività turistiche dice: “Il fenomeno risente, ovviamente, del “peccato originale” allorquando si è voluto privilegiare il “turismo di tipo residenziale stagionale” piuttosto che un “turismo a carattere alberghiero”. Più in là: “Una citazione a parte meritano i piani di lottizzazione (in maiuscolo nel testo) che negli anni hanno invaso il nostro territorio, spesso deturpandolo e saccheggiandolo in maniera irreversibile. ...Nessuno, oggi, può ritenersi indenne da colpe e da responsabilità”. Infine la dichiarazione di qualche giorno fa con la quale afferma che le potenzialità turistiche di Trabia in buona parte sono state compromesse dalla “scelta sbagliata......di aver destinato la quasi totalità del territorio ad area edificabile”. Come ben si comprende si tratta di una presa di posizione, direi, storica per Trabia, di straordinario impatto sul quieto scenario politico-amministrativo della nostra cittadina. Significa il rovesciamento della concezione corrente dell'uso rapinoso e devastante del territorio. Siamo di fronte ad un radicale cambiamento nella politica della pianificazione e dell'assetto del territorio? Oppure solamente ad una amara constatazione accompagnata da rassegnazione nella cupezza di una visione particolare, senza sviluppo e senza futuro? Conosco il distacco e la passione di Salvatore per il suo paese, la sua onestà intellettuale e il suo desiderio di fare il bene degli amministrati, al di là di ogni obnubilamento che questi ultimi possono avere. Dobbiamo dare fiducia ad un sindaco di questa levatura morale e politica. E' evidente che questo è un momento cruciale per l'avvenire di Trabia. E' tornato dall'ufficio del genio civile il piano regolatore. Sappiamo tutti quale importanza riveste un provvedimento di questo genere: esso programma e indirizza per decenni l'utilizzo dei suoli, le attività produttive. del tempo libero, sociali, culturali. Ogni discorso sullo sviluppo economico, sulla crescita civile di una comunità si basa sulle scelte operate con il piano regolatore. Non si tratta del mio orticello che deve diventare il posto di una casa, ma dell'avvenire di un'intera collettività. Le folli decisioni del piano del 1979 hanno messo in ginocchio l'economia e con essa la dignità di una popolazione. Non solo è stata annientata l'unica ricchezza esistente, l'agricoltura, ma si è impedito il decollo turistico di una località che aveva, e potrà avere, tutti i numeri per non invidiare altre realtà siciliane oggi rinomate a livello nazionale. Non è vero che l'agricoltura è finita per cause diverse. L'invasione delle case, con i conseguenti precari guadagni dei residenti, ha fatto perdere la spinta alle trasformazioni e alle razionalizzazioni delle colture che il mercato, mai immobile, richiedeva. Si è rinunciato ad essere padroni in casa propria. Guardate che se n'è fatto delle nostre bellissime colline, una volta ammantate di verde, ubertose di oliveti e frutteti; quale realtà economica e quale richiamo oggi potevano costituire per il turista affamato di natura, di verde, di paesaggio, di aria pulita! Trabia poteva essere il paradiso dei prodotti tipici; a cominciare dall'olio, ad esempio, opportunamente imbottigliato e dotato di marchio. Oggi non si può fuggire di fronte alle proprie responsabilità: c'è l'opportunità di prendere per i capelli un paese che sta affondando verso un destino di sopravvivenza parassitaria. Il piano regolatore deve essere all'altezza di questo tempo, all'altezza delle sfide che la società di oggi pone via via. Non ci possiamo portare dietro un arnese di piano che viene da una ventina d'anni di incredibili traversie burocratiche, che prevedibilmente è frutto di cecità amministrative, e che, per colmo dei colmi, verrebbe affidato alle ottusità di un anonimo burocrate regionale.
(3-continua)
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