CENTRALE, CHE FARE?
Nel suo bel blog “abicinema-versilia.splinder.com” il giornalista Umberto Guidi si domanda:”Centrale, come finirà?” Ovviamente non ho la risposta. Provo, da cattolico, con molti sensi di colpa verso una fede che m’inculcò da bambino mia madre, e da laico, per tutto ciò che riguarda la sfera pubblica, a venire a capo di un intrico che interessa da vicino la cittadinanza. La Chiesa è proprietaria dell’immobile. Con sensibilità e, direi, con senso civico in quanto consapevole della qualità del servizio svolto alla comunità, in quel locale, dalla famiglia Carmignani, per decenni si è come spogliata dei suoi diritti. Ha lasciato il godimento del bene alla collettività, percependo un fitto certamente non in linea con i prezzi di mercato. Adesso è venuta nella determinazione di impiegare quel capitale, nel frattempo cresciuto di valore a dismisura, in opere più conformi alla sua alta missione in seno alla comunità viareggina. Questa legittima e, oserei dire, doverosa pretesa, per un’istituzione dedita al fare, più che a vivere di rendita, si scontra con un interesse pubblico consolidato: il Centrale, per merito dei Carmignani, è uno dei luoghi di cultura di Viareggio, entrato nell’immaginario e nella storia dei suoi cittadini. Da qui l’esigenza obiettiva di salvaguardare il tradizionale uso di un bene che è divenuto patrimonio ideale della collettività. Il Comune in questa vicenda , a mio avviso, non può che assumere un ruolo di mediazione, senza atteggiamenti di parte, che offuscherebbero la sua natura di ente rappresentativo dell’intera cittadinanza; in particolare, secondo me, dovrebbe promuovere la costituzione di una public company (azionariato popolare) che provvedesse ad acquistare l’immobile del Centrale. E’ da scartare l’ipotesi di un acquisto diretto da parte del Comune: non si può accollare l’onere di un servizio a domanda individuale a tutti i contribuenti. Se la stragrande maggioranza dei cittadini ha a cuore le sorti del Centrale, diamole la possibilità di tradurre questo ‘interesse’ in un concreto intervento sottoscrivendo una quota di azioni della nuova società. In questo modo la Chiesa, col ricavato della vendita dell’immobile, sarebbe messa nelle condizioni di conseguire gli obiettivi prefissati di un migliore svolgimento della sua missione pastorale e la popolazione, almeno la parte più sensibile all’aspetto affettivo e culturale della vicenda, avrebbe la possibilità di dimostrare nei fatti la voglia di conservare per sé e per le prossime generazioni un luogo cult dove ritrovarsi per godere di spettacoli di qualità.
Antonio Carollo
Antonio Carollo
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