Saturday, March 31, 2007

UNA POLITICA SUICIDA PER IL CENTROSINISTRA

Il centrosinistra alle elezioni comunali del 2008 a Viareggio rischia di presentarsi come lo schieramento delle tasse. Due anni fa l’aliquota dell’ICI è stata aumentata del 18 per cento; quest’anno, se il bilancio fosse approvato così com’è, l’addizionale IRPEF crescerà del 350 per cento, la TIA (rifiuti) del 3,30 per cento, la Cosap (suolo pubblico) di una percentuale molto consistente. Tutto ciò avviene mentre dalle parti di Roma, a seguito del buon andamento del gettito delle imposte, si discute di riduzione del carico fiscale delle famiglie. Mi domando: potranno i partiti della coalizione di governo accettare senza colpo ferire una politica di bilancio così pesantemente punitiva nei confronti del ceto medio? L’Udeur, la Margherita e buona parte dei Ds sono i partiti che maggiormente risentiranno di questi provvedimenti, che non esiterei a chiamare suicidi. E’ evidente che Udc e FI in questo momento gongolano. Le società partecipate sono sorte per rendere più efficienti ed economici i servizi pubblici; se questi obiettivi non si raggiungono, anzi si chiedono altri soldi ai cittadini, si abbia il coraggio di eliminarle. Sono sei mesi che si discute della riduzione del numero di queste società. In consiglio comunale si è parlato di scioglierne quattro: Mover, Fiori, Sea Progetti e Versilia Servizi. Cosa si attende? Qualcuno se n’è pentito?
Antonio Carollo

Tuesday, March 27, 2007

PER IL DECOLLO TURISTICO DI TRABIA

La collocazione di una barriera di massi sul fronte della costa Pilieri-San Nicola, con la conseguente cancellazione di un tratto di spiaggia tra le più belle e ambite, costituisce, a mio avviso, un esempio di miopia amministrativa in materia di valorizzazione e di sviluppo turistico di un territorio con grandi potenzialità come quello di Trabia. Al problema dell’erosione si poteva ovviare diversamente. Come ho detto in un precedente post, il molo est del porto andava piegato verso ovest, non prolungato perpendicolarmente, per non intercettare le correnti marine dirette verso la spiaggia; inoltre la Regione Sicilia, sollecitata dal Comune e dalla Provincia, doveva farsi carico della messa in opera di una draga e di un sabbiodotto per il ripascimento della spiaggia. Questa esperienza è stata fatta in Versilia, negli anni Settanta e Ottanta, con risultati risolutivi. S'impone la rimozione di questi massi: potrebbero essere utilizzati per l'ampliamento del porto di San Nicola. Anche le spiagge ad est della Vetrana vanno valorizzate. Ogni metro di spiaggia porta benessere. Tutte le spiagge di Trabia (non esistono spiagge non attraenti) sono usufruibili se gestite, su concessione demaniale, in modo adeguato, con servizi soddisfacenti (ombrelloni, sedie a sdraio, docce, piccole cabine, posti di ristoro, servizi igienici, pulizia). Il Comune dovrebbe incoraggiare iniziative di questo genere, magari ottenendo una concessione per tutte le spiagge libere e subaffittando a imprenditori locali, cooperative, singoli tratti di spiaggia. Le spiagge sono beni preziosi: non vanno lasciate all'arrembaggio disordinato e antigienico; devono essere difese dall'inquinamento: Trabia non dispone di un depuratore: una cittadina che aspira a divenire una stazione turistico-balneare manda i liquami delle fognature nere in mare. Incredibile!
Il mare, le spiagge sono formidabili motori di sviluppo turistico, e, in generale, economico, per le ricadute su tanti settori, alberghiero, della ristorazione, artigianale, commerciale. Masse di turisti sono disposte a fare centinaia di chilometri, in molti casi migliaia, per un confortevole soggiorno al mare; invece Trabia, che ha avuto dalla natura il dono del mare e di chilometri di bella spiaggia, snobba questi beni, non ne comprende l’importanza e l’efficacia per il miglioramento del suo avvenire, anzi se ne priva, come abbiamo visto.
Mantenere le spiagge in ordine significa attirare, attraverso i moderni mezzi della promozione e del marketing turistico, gli investitori. A Trabia mancano alberghi e ristoranti.
Sulle questioni del decollo turistico di Trabia c'è altro da dire. Torneremo sull'argomento.

Saturday, March 24, 2007

CARNEVALE, LE SPETTATIVE DEI VIAREGGINI

Per i giovani di Trabia

E' interessante per i giovani di Trabia aprire una piccola finestra su ciò che il popolo dei blog di Viareggio, soprattutto giovani, sta facendo per la loro città? Mi sembra che valga la pena di provarci. Da un po' di tempo c'è un certo mugugno tra i viareggini sui modi con i quali vengono affrontati i problemi della comunità cittadina, sui disagi per la scarsa igiene pubblica, sulle carenze degli interventi sociali, sulla pletora delle aziende pubbliche e dei loro amministratori, sulla gestione del Carnevale, sulle modalità di assunzione dei giovani, sul numero dei dirigenti comunali e sui loro emolumenti stratosferici, ecc. Un bel gruppo di giovani, stanco delle lamentele che non portano a nulla, ha preso carta e penna e ha stilato un comunicato con cui ha chiesto al sindaco e al consiglio comunale di essere ricevuto e di portare al dibattito cittadino, con consigli comunali aperti, i singoli problemi sul tappeto della politica locale. Il primo ad essere sollevato è stato quello della gestione della Fondazione del Carnevale, attualmente in mano ai politici. Contemporaneamente è stata indetta una raccolta di firme per dare forza e credibilità alla richiesta. In pochi giorni sono state raccolte quasi mille firme. Questa iniziativa popolare ha ottenuto subito un primo risultato: il sindaco ha sospeso le nomine al CDA della Fondazione ed ha indetto un consiglio comunale aperto alle forze giovanili, culturali, sociali ed economiche per discutere sull'assetto della Fondazione e sul futuro del Carnevale. Su questo argomento ho pubblicato il seguente pezzo sul giornale “La Nazione” e sui periodici on line di Viareggio, oltre che sul mio blog: www.trabia.splinder.com. Mi permetto di riportarlo di seguito, insieme ad alcuni commenti degli amici dei blog e alle mie risposte. Come vedrete la discussione si è arricchita di spunti di un certo peso.°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

CARNEVALE, LE ASPETTATIVE DEI VIAREGGINI - Limpidezza, disinteresse, senso di appartenenza alla comunità cittadina, passione per il Carnevale e per la Città, queste sono le considerazioni che mi ispirano il comunicato e la raccolta di firme del Libero Comitato Cittadino, figlio del popolo dei blog. I rilievi avanzati: il carnevale non è più dei viareggini; non c’è alcun coinvolgimento dei cittadini; è gestito dalle forze politiche senza alcun apporto di nuove proposte culturali e spettacolari; le nomine seguono logiche di spartizione partitica, senza riguardo a competenze ed esperienze. Gli obiettivi: che le nomine siano effettuate con riferimento a competenze specifiche, attraverso la più ampia consultazione delle forze politiche e dei cittadini; che sia modificato lo statuto della Fondazione per consentire la partecipazione delle realtà culturali, sociali ed economiche. Questi rilievi e queste richieste, mi risulta, rispecchiano perfettamente lo stato d’animo e le opinioni della stragrande maggioranza dei cittadini, senza distinzioni di colore politico. Non mi si accusi di voler cavalcare la protesta della cittadinanza. Il 2 gennaio scrivevo: “Le fondazioni siano affidate alle forze più illuminate, e professionalmente attrezzate, del volontariato culturale, estranee alle conventicole del sottogoverno dei partiti”. Il 4 marzo, nel fare una specie di resoconto dell’edizione 2007 del Carnevale, concludevo dicendo: “Una gestione politico-burocratica è all’altezza di tutto questo?”. Mi scuso per queste auto-citazioni. Un primo risultato il Libero Comitato l’ha già ottenuto: le nomine sono state sospese e presto si terrà un Consiglio comunale aperto incentrato sul futuro del Carnevale. Niente paroloni, però una cosa voglio dirla: le iniziative popolari, come questa del Libero Comitato, fanno bene alla democrazia.

Antonio Carollo°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
La democrazia: trasparenza, etica, partecipazione, rispetto; ma soprattutto passione, poesia e divertimento! Riccardo°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Riccardo, la tua è, purtroppo, un'idea di democrazia ideale che è sconosciuta nel mondo reale. Mi viene in mente quel che succede nella cosiddetta più grande democrazia del mondo, gli USA. La spregiudicatezza, la violenza morale, il metodo della distruzione dell'avversario, la sopraffazione attraverso il brutale impiego di risorse finanziarie colossali messe a disposizione della politica da gruppi di pressione per sottomettere ai propri scopi l'azione del governo, sono ingredienti di una concezione della lotta politica lontanissima da una civile e democratica competizione elettorale. Questo non avviene solamente negli USA. In scala ridotta, e in modi diversificati, è ciò che accade anche in Italia, a volte, per certi versi, in modo più spudorato.
Certo, è antipatico fare il moralista. Nessuno di noi è esente da colpe, ma guardiamo in faccia la realtà: è vera democrazia la nostra? l'elettorato ha qualche voce in capitolo? i metodi di selezione del personale politico hanno qualche lontana parentela con trasparenza e meritocrazia? il parassitismo del sottogoverno ha qualcosa a che fare con la volontà popolare?
Mi fermo. Già qualcuno avrà pensato: che razza di qualunquista!
Forse mi sono levato dal letto col piede sbagliato....
Grazie per la visita al mio blog: almeno un lettore ce l'ho.
Ciao, Antonio°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Grazie per questo intervento sul Libero Comitato Cittadino. Un invito: ci vieni a trovare sabato 24? sarei molto felice di conoscerti di persona.

Siamo al punto di raccolta firme in via Battisti angolo via Verdi.

A presto!
Samanta°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

 Be', Antonio, non posso che condividere tutto quello che hai scritto, però è anche vero che sta a noi poeti coltivare l'Utopia. Come? Con l'esempio. Io amo la trasparenza, l'acqua chiara di fonte; ho una mia etica che seguo senza imporla agli altri soprattutto non baro con me stesso; mi emoziono e tiro un sospiro di sollievo di fronte alle (sempre più rare, è vero) partecipazioni popolari a iniziative di spessore civile e culturale; la gentilizza, il rispetto, il raccoglimento, la contemplazione fanno parte del mio carattere e delle mie scelte di vita. Non condivido la socialità dominante. Questo mi ha portato a delle scelte ben precise, che filosoficamente ho sintetizzato nella formula "francescanesimo-taoista" (un po' idiota come tutte le formule). E qui irrompono prepotentemente la passione, la poesia e il divertimento. Perché la democrazia deve essere anche divertimento, come quando da bambini immaginavamo profeticamente il nostro futuro (che per quanto mi riguarda si è più o meno felicemente "quasi" - ma mi accontento eccome! - realizzato). Sul "francescanesimo- taoista" ho scritto anche un manifesto per il mio "Teatrino dei Bisogni Consapevoli"; dice più o meno così (ci sono diverse versioni):

Il francescanesimo taoista più che una forma di pensiero è una condizione dell’anima, che coniuga gli aspetti più positivi della tradizione cristiana occidentale con quella - più lirica e analogica – delle filosofie orientali. Come tutti gli approcci mistici alla vita trae linfa vitale dal sentire piuttosto che dallo scandagliare razionalmente. Io lo pratico si può dire da sempre, ovviamente rielaborato soggettivamente - altrimenti sarei un devoto acritico, quanto di più lontano dall’insegnamento di Francesco e Lao-Tze - e con l’aiuto di altri compagni di strada: Novalis per la filosofia, Rilke per la poesia, Klee per la pittura, Chaplin per il cinema, tra i tanti. Tengo in massima considerazione la libertà dello spirito, la capacità di poter esprimere apertamente le proprie idee senza timore di niente e di nessuno perché non faccio parte di nessun carrozzone politico, ideologico, economico, etnico, e così via. Artisticamente ne metto in atto i precetti attraverso il mio laboratorio di creazioni multimediali sui grandi temi dell’immaginario affettivo che si chiama “Il Teatrino dei Bisogni Consapevoli”. Ho come figure liriche di riferimento l’omino anonimo e il clown: “Il clown non è che un omino anonimo che ha imparato ad usare consapevolmente il proprio corpo incantato”.

Mi associo all'invito di Samanta, anche se noi già ci conosciamo!
Saluti. Riccardo °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°



Riccardo, hai aperto una bella finestra sul tuo mondo e sui traguardi da te raggiunti sulla via di una spiritualità attiva ispirata a due grandi religioni il cui fulcro è rappresentato dalla comunione con Dio, con la natura e il cosmo. Invidio questa tua capacità di conformare atti, sentimenti e pensieri ad una visione così elevata del passaggio e del destino dell'uomo.
Da ciò deriva il tuo sguardo sereno, direi super partes, su miserie, ambizioni, strategie di una umanità che ha come suo fine l'egoismo, il potere, il denaro. Ammiro il tuo entusiasmo rivolto a creare intorno a te un mondo fatato ove il sogno, l'amore, la felicità creativa oscurino le crudezze, le ferocie e il dolore di una vita alla mercè del caso, del nichilismo e dell'angoscia esistenziale.
Vi ringrazio, te e Samanta, per le premure. Oggi farò una breve visita in via Battisti.
Ciao, Antonio

Sunday, March 18, 2007

LA SPIAGGIA SPARITA

Stamattina mi sono alzato col desiderio di una passeggiata sulla spiaggia. Ho telefonato al mio amico Antonio. Mi ha risposto che gli sarebbe piaciuto passare una bella mattinata a contatto con la natura ma stava per uscire con la moglie. Ho preso la mia vecchia auto. Viale dei Tigli era splendente di sole; il profumo della pineta m’inondava. Ho parcheggiato vicino alla rotonda, sul viale a mare di Torre del Lago Puccini. Ho attraversato il tratto di dune, leggermente in salita, su un viottolino di sabbia. All’emergere, verso la sommità, d’improvviso ecco la sciabolata dell’immensa distesa della spiaggia e del mare all’aria tiepida incantata di un mattino solatio. Un’occhiata verso nord. Lontanissima, appena percettibile, la massa confusa degli stabilimenti balneari e dei capannoni dei cantieri di Viareggio. A sud niente corpi estranei, l’occhio è corso libero, dal mare, con qualche rara vela all’orizzonte, alla spiaggia, alle dune, alla macchia verde dei pini del Parco Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli, che da Viareggio si estende fino a Livorno: una fascia compatta di foresta che contrassegna la costa nord della Toscana e che, insieme all’altra vasta pineta della Maremma, da Punta Ala all’Argentario, appare come un miracolo tra tanta corsa allo sfruttamento edilizio del periplo costiero della Penisola; per decine di chilometri mare, spiaggia, dune, bosco; nient'altro. Ogni anno la spiaggia cresce di qualche metro; negli ultimi trent'anni è avanzata per qualche centinaio di metri. le cabine dei bagni adesso sono a centinaia di metri di distanza dalla battima. Il fenomeno deriva dalla relativa vicinanza delle foci dei fiumi Serchio e Arno.
Mi sono seduto sulla sabbia per leggere qualche articolo delle pagine culturali dei due giornali acquistati all'edicola della marina. Ho resistito un quarto d'ora; poi mi sono alzato per camminare, assaporare ogni minuto della mattinata, ascoltare la quieta musica dei lievi movimenti dell'acqua sulla superficie di sabbia, seguire i percorsi dei pensieri. Mi son venute in mente le immagini delle spiagge della Vetrana e dei Pilieri, a Trabia. Una striscia stretta di sabbia, nel tratto Vetrana-Pilieri, sotto la pressione di ville che protendono muri e inferriate fino a contatto col mare, specie d'inverno, quando le mareggiate vi si infrangono; un'altra spiaggia, dai Pilieri a San Nicola, un tempo piccolo paradiso di noi bambini, oggi cancellata e trasformata in un malsano e maleodorante acquitrino, dove da anni marciscono le alghe; un chilometro di spiaggia sparita sotto una marea di cannicci selvatici a causa della messa in opera di una barriera di grossi massi per contrastare, si pensò, un'incipiente erosione. Non credo che siano stati fatti degli studi per accertare le cause dell'erosione, che era di esigua entità. Da profano, s'intende, mi sembra ragionevole imputare questo effetto all'allungamento del molo est del porto di San Nicola: bastava farlo curvare verso ovest per evitare l'impatto con le correnti marine che alimentavano di sabbia la spiaggia. Ho fatto i bagni ogni estate su quella spiaggia, che rimaneva un po' appartata rispetto all'altro braccio in direzione della Vetrana. I palermitani, e gli altri forestieri, venivano attirati dalla vista fascinosa della spiaggia di ponente; non si affacciavano neanche oltre il piccolo promontorio che divide le due spiagge all'altezza del valloncello (piccolo torrente o fosso) dei Pilieri. Così, noi trabiesi, facevamo il bagno, e ogni tipo di gioco, tra pochi intimi (per così dire). I ricordi si affollano... quella spiaggia mi ha visto correre felice fanciullo e giovinetto. Mia madre da bambino mi raccontava di una scenetta che si ripeteva su quella spiaggia nei primi anni del Novecento. Allora non c'era ombra di case. La sabbia era delimitata da folte siepi di canne e di rovi a protezione delle coltivazioni dalle violente mareggiate. Si entrava in spiaggia da qualche campo non coltivato o da tortuosi viottoli tra i canneti. Di tanto in tanto mio nonno Antonio portava le donne di casa a fare il bagno al mare. Le figlie erano cinque, oltre ai cinque maschi. Il nonno, pantaloni alla zuava, stivali, giacca di velluto, coppola e scupetta sulle ginocchia, stava seduto su una pietra allo sfocio del valloncello di Pilieri. Mia madre e le sorelle, sulla spiaggia deserta, si toglievano le vesti e in sottana si buttavano in acqua, sguazzando e spruzzandosi l'un l'altra tra risate e grida di gioia. Il nonno vigilava dal suo posto di guardia, che era anche l'unico accesso alla spiaggia; nessuno poteva azzardarsi ad avvicinarsi: con significativi segni della mano, a qualche raro individuo che accennava a voler passare, con sguardo torvo, diceva: “Di cca nun si passa, ci sunnu fimmini!”, e smanettava col fucile, pronto a puntarlo.
Adesso la spiaggia è sparita. Non sono solo a pensare che è stata spuntata una delle armi più efficaci per il decollo del turismo a Trabia; senza una vera necessità, come vedremo.
A.C.

Saturday, March 17, 2007

DI TRABIA, O DEL SOTTOSVILUPPO

Caro Gianluca Mancuso, è ammirevole la tua voglia di fare qualcosa per il futuro della nostra Trabia. Permettimi una modesta considerazione: basterebbe che l'1 per cento della popolazione trabiese avesse questi tuoi stimoli per avviare verso il cambiamento una situazione che ristagna ormai da 45-50 anni, dagli anni cinquanta, fatte salve le solite attività edilizie, peraltro sviluppatesi in modo distorto, come sappiamo, per l'invadente arrivo di operatori e investitori forestieri. Purtroppo la realtà è un muro quasi impenetrabile, costruito in un cinquantennio di assenza di vera guida politica, locale e regionale, di sperperi, spartizioni, clientelismi, sterili assistenzialismi, contributi a pioggia, senza interventi seri per rinvigorire i settori trainanti esistenti e per agevolare la nascita di nuove attività produttive; senza contare la debolissima azione di contrasto contro le organizzazioni criminose organizzate che via via hanno acquisito e fatto valere uno strapotere preponderante. Questo scenario riguarda tutto il Meridione. Trabia ne è stata investita alla pari di altri comuni. Dire queste cose è come ripetere delle banalità. Le diagnosi sui mali del Sud si sprecano. Gli investimenti governativi sono stati massicci, ma non si sono visti apprezzabili risultati, nonostante le montagne di miliardi impiegati. A Trabia ha regnato sovrana l'inerzia, l'impotenza di una proprietà terriera troppo spezzettata, incapace di organizzarsi per cavalcare le nuove tendenze nelle produzioni agricole e combattere le spietate concorrenze di altre zone agricole mediterranee. L'illusione di un benessere che altri avrebbero portato con l'incremento delle costruzioni turistiche praticamente ha precipitato la piccola borghesia agricola nel totale immobilismo e nella sua lenta estromissione da ogni decisione circa l'uso di un territorio tra i più affascinanti in tutta la fascia costiera settentrionale dell'isola. Riprendere il bandolo della matassa è impresa da far tremare le vene e i polsi, ma non impossibile, come già ho avuto modo di dire. Aggiungo: il male, questo male del sottosviluppo, è stato causato dall'uomo; lo stesso uomo, nella persona di altri individui intelligenti e illuminati, ha in sè le potenzialità per un'inversione di marcia. Se si riesce ad acquisire questa convinzione gli uomini di buona volontà possono fare molto. Ci sono tante altre cose da dire: le diremo con obiettività e serena consapevolezza, nella speranza che qualcosa si possa smuovere. Saluti cordiali.
Antonio Carollo

Sunday, March 11, 2007

DI TRABIA E DEL SUO SVILUPPO

Trabia è il mio paese natìo. Gli Editori del Website www.trabiaonline.it mi hanno invitato a tenervi una rubrica "Lo scrittoio". Questi sono gli ultimi due post:

IL DIFFICILE DISCORSO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DI TRABIA

Trabia, per non rimanere emarginata dalle correnti del turismo moderno, partendo dalla radicale riqualificazione dell’ambiente urbano e del territorio, deve proporsi all’attenzione del mondo con iniziative originali e innovative. Per ciò che riguarda le attività produttive si prospetta una situazione di staticità che bisogna combattere mettendo in movimento le capacità locali. Riporto volentieri queste parole del sindaco Salvatore Piazza perché esse fotografano bene una situazione di carenza e di insoddisfazione, per molti versi preoccupante, se si pensa alla condizione e alle prospettive dei giovani trabiesi. Egli, preliminarmente, propone un convegno di alto profilo per definire le linee di sviluppo e per procedere, poi, all’elaborazione di un progetto unitario. Questo discorso non fa una grinza, però non possiamo nasconderci le difficoltà che indubbiamente esistono. Il convegno e uno schema di progetto si potranno anche fare. Quel che conta effettivamente è la capacità di mobilitazione che una comunità come Trabia può mettere in campo; mobilitazione di forze politiche, di risorse imprenditoriali, di capitali pubblici e privati. Il problema è vasto e impervio, ma, come diceva Falcone, non insormontabile. Io vedo un primo spiraglio verso lo sviluppo in un’opera esistente, potenzialmente aperta ad enormi possibilità di crescita: il porto turistico di San Nicola .

PER UN POSSIBILE SVILUPPO ECONOMICO DI TRABIA

Gianluca Mancuso mi chiede di intervenire sul tema del futuro di Trabia. Ho già iniziato a farlo col primo post e continuo oggi. Spero di poter essere utile con queste mie modeste riflessioni . Qualche giorno fa ho posto l’attenzione sulle potenzialità di crescita del porticciolo turistico di San Nicola. Ne ho parlato a ragion veduta. Io vivo a Viareggio; negli ultimi trent’anni ho assistito alla trasformazione e allo sviluppo del suo porto turistico e dei suoi cantieri navali. Lasciando da parte, per un momento, questi ultimi perché provengono da una tradizione particolare con radici nell’Ottocento, mi pare che la vicenda del porto viareggino possa dare qualche spunto, considerando però le profonde differenze, per un’azione decisa e lungimirante sul porto di San Nicola. Viareggio ha potuto contare su una conformazione di luoghi piuttosto favorevole: una pianura estesa, un canale che collega il mare al padule e al Lago Massaciuccoli, una serie di darsene ricavate quasi naturalmente dal terreno sabbioso, un molo ottocentesco, una diga foranea e un altro grande molo costruito nel dopoguerra. Altro fattore decisivo per lo sviluppo delle attività marinare è rappresentato da una popolazione da sempre attratta dalla vita di mare. Per oltre un secolo e mezzo il porto ha ospitato naviglio commerciale di modesto cabotaggio, barche da pesca, poi, motopescherecci e un numero sempre crescente di barche da diporto. Adesso, dopo la delega alle regioni e dalle regioni ai comuni della gestione del demanio marittimo il Comune ha adottato il piano regolatore del porto, ha creato la società Porto Viareggio, con finanziamenti regionali e statali, ha adottato il piano degli approdi turistici e sta investendo oltre trenta milioni di euro per il raddoppio degli stessi e l'utilizzo di un'area adiacente ad una darsena. Il porto di San Nicola ha una storia diversa. Esso ha origine dal porticciolo peschereccio. Ricordo bene la schiera luminosa delle lampare che di sera si estendeva per tutto il filo d'orizzonte del Golfo. Col declino dell'attività di pesca, dovuto anche alla forte concorrenza di Mazara del Vallo, con l'estendersi del benessere in generale e dell'interesse per le barche da diporto, il porticciolo di San Nicola cominciò a richiamare l'attenzione di amministratori ed operatori del settore. L'ingrandimento del porto è stato un intervento provvidenziale. Oggi San Nicola spicca nel panorama nautico siciliano per il discreto numero di posti barca del suo porto. A questo punto io ritengo che vada fatto un ulteriore sforzo. Occorrerebbe un investimento che portasse a raddoppiare il numero degli attuali approdi. Per giungere ad un simile risultato ci sarebbe bisogno dell'unitaria mobilitazione delle forze politiche trabiesi e di una politica regionale del settore nautico e delle infrastrutture portuali che riconoscesse San Nicola come uno dei tre o quattro poli della nautica da diporto della Sicilia. Non è fantapolitica; è questione di volontà politica. Per un obiettivo così importante, che interesserebbe un bacino di utenza assai vasto (pensiamo alla sola città di Palermo col suo quasi un milione di abitanti), sarebbe pienamente giustificato il dirottamento di risorse finanziarie. Per una battaglia di questo genere occorre un grado di maturità politica tale da permettere di mettere da parte le rivalità di partito nel nome del superiore interesse della popolazione trabiese. Questa maturità penso possa trovarsi nella giovane generazione che oggi si affaccia alla politica. Il ruolo del Comune di Trabia è basilare; esso dovrebbe, come ha fatto Viareggio, ottenere e gestire la concessione degli approdi e presentare, con un accordo unitario, un progetto alla Regione Sicilia.
DI TRABIA E DEL SUO SVILUPPO
Spero di poter essere utile con queste mie modeste riflessioni . Qualche giorno fa ho posto l’attenzione sulle potenzialità di crescita del porticciolo turistico di San Nicola. Ne ho parlato a ragion veduta. Io vivo a Viareggio; negli ultimi trent’anni ho assistito alla trasformazione e allo sviluppo del suo porto turistico e dei suoi cantieri navali. Lasciando da parte, per un momento, questi ultimi perché provengono da una tradizione particolare con radici nell’Ottocento, mi pare che la vicenda del porto viareggino possa dare qualche spunto, considerando però le profonde differenze, per un’azione decisa e lungimirante sul porto di San Nicola. Viareggio ha potuto contare su una conformazione di luoghi piuttosto favorevole: una pianura estesa, un canale che collega il mare al padule e al Lago Massaciuccoli, una serie di darsene ricavate quasi naturalmente dal terreno sabbioso, un molo ottocentesco, una diga foranea e un altro grande molo costruito nel dopoguerra. Altro fattore decisivo per lo sviluppo delle attività marinare è rappresentato da una popolazione da sempre attratta dalla vita di mare. Per oltre un secolo e mezzo il porto ha ospitato naviglio commerciale di modesto cabotaggio, barche da pesca, poi, motopescherecci e un numero sempre crescente di barche da diporto. Adesso, dopo la delega alle regioni e dalle regioni ai comuni della gestione del demanio marittimo il Comune ha adottato il piano regolatore del porto, ha creato la società Porto Viareggio, con finanziamenti regionali e statali, ha adottato il piano degli approdi turistici e sta investendo oltre trenta milioni di euro per il raddoppio degli stessi e l'utilizzo di un'area adiacente ad una darsena. Il porto di San Nicola ha una storia diversa. Esso ha origine dal porticciolo peschereccio. Ricordo bene la schiera luminosa delle lampare che di sera si estendeva per tutto il filo d'orizzonte del Golfo. Col declino dell'attività di pesca, dovuto anche alla forte concorrenza di Mazara del Vallo, con l'estendersi del benessere in generale e dell'interesse per le barche da diporto, il porticciolo di San Nicola cominciò a richiamare l'attenzione di amministratori ed operatori del settore. L'ingrandimento del porto è stato un intervento provvidenziale. Oggi San Nicola spicca nel panorama nautico siciliano per il discreto numero di posti barca del suo porto. A questo punto io ritengo che vada fatto un ulteriore sforzo. Occorrerebbe un investimento che portasse a raddoppiare il numero degli attuali approdi. Per giungere ad un simile risultato ci sarebbe bisogno dell'unitaria mobilitazione delle forze politiche trabiesi e di una politica regionale del settore nautico e delle infrastrutture portuali che riconoscesse San Nicola come uno dei tre o quattro poli della nautica da diporto della Sicilia. Non è fantapolitica; è questione di volontà politica. Per un obiettivo così importante, che interesserebbe un bacino di utenza assai vasto (pensiamo alla sola città di Palermo col suo quasi un milione di abitanti), sarebbe pienamente giustificato il dirottamento di risorse finanziarie. Per una battaglia di questo genere occorre un grado di maturità politica tale da permettere di mettere da parte le rivalità di partito nel nome del superiore interesse della popolazione trabiese. Questa maturità penso possa trovarsi nella giovane generazione che oggi si affaccia alla politica. Il ruolo del Comune di Trabia è basilare; esso dovrebbe, come ha fatto Viareggio, ottenere e gestire la concessione degli approdi e presentare, con un accordo unitario, un progetto alla Regione Sicilia. Per il raddoppio dei posti barca ho in mente la costruzione di un nuovo molo, lato Palermo, e l'allungamento, se possibile, di quello ovest; cioè un'opera di notevole impegno tecnico e finanziario. Un incremento di posti barca, nella misura di qualche decina, non sarebbe in grado di innescare la marcia giusta per far decollare il complesso di attività che attorno al porto turistico sicuramente nascerebbero. Per essere motore di sviluppo il porto deve avere adeguate dimensioni. Ma non voglio arrogarmi competenze che non ho. Per questo ci sono fior di tecnici specializzati. Quel che importa è che il porto faccia il salto di qualità entrando nel piano regionale dei porti turistici di primo livello e proiettandosi verso un futuro di grande sviluppo. Per questi motivi ho paura che il progetto in itinere non abbia quest'ambizione; tuttavia va nella direzione giusta e se ne deve sollecitare la realizzazione. L'Amministrazione comunale mi sembra consapevole dell'entità degli sforzi da compiere e ben orientata verso l'idea di un porto di medio livello di rilevanza regionale. Nel frattempo sono benvenuti i lavori già consegnati per l'addobbo urbano del porto.
Che il porto turistico è volano di crescita di tutta una serie di attività artigianali e commerciali collaterali ne sono testimonianza le varie realtà portuali della penisola. La sosta delle barche da diporto comporta una fitta domanda di opere e di forniture di manutenzione: c'è bisogno di elettricisti, idraulici, tappezzieri, falegnami, meccanici, verniciatori e dei relativi materiali di lavorazione. Nel medesimo tempo prendono piede officine, empori di materiali nautici, negozi di abbigliamento, agenzie di assicurazioni e brokeraggio, agenzie di compra-vendita e di noleggio. Tutto ciò non nasce dall'oggi al domani. Si tratta di un processo di sviluppo che le pubbliche amministrazioni e gli istituti di credito devono agevolare: la Provincia con l'istituzione di corsi di formazione professionale, la Camera di commercio con i suoi mezzi di assistenza e incentivazione per la nascite di piccole imprese, il Comune con l'apprestamento degli strumenti urbanistici e infrastrutturali necessari, il sistema bancario con la messa a disposizione dei mezzi finanziari, la Regione con i finanziamenti attingendo anche dai fondi europei.

Thursday, March 08, 2007

LA VERSILIA E IL CINEMA: ATTRAZIONE INFINITA

Col suo nuovo libro “Questo mare infinito”, prefazione di Stefano Beccastrini, edito da Aska, Umberto Guidi ci conduce per mano sui set dei 63 film girati in Versilia dal 1913 ad oggi. Il libro si legge d'un fiato, complice una scrittura vivace, tutta fatti persone cose, che scorre leggera e curiosa, rovistando negli angoli riposti della fitta e fascinosa vicenda di questa fortunata striscia di costa toscana. S'inizia col primo film, “L'isola dei beati” che Max Reinhardt girò nella pineta di Viareggio e sulla spiaggia di Massa nel 1913. La scelta del regista, scrive Guidi, fu influenzata dalla visione diffusa nella cultura europea del tempo che vedeva la Versilia come un paradiso naturale avvolto nel mito. Nel 1916 la divina Eleonora Duse fece a Viareggio alcune prove tecniche per l'interpretazione del film “Cenere”, dall'omonimo romanzo di Grazia Deledda, diretto da Febo Mari, contenente sequenze delle montagne versiliesi. La pineta di levante fu teatro di parecchie riprese esterne di “Maciste all'inferno”, interpretato dal forzuto Bartolomeo Pagano. A proposito di questo film Guidi riporta una pagina delle suggestive memorie di Krimer che da bambino andava a curiosare nei luoghi delle riprese incontrando di persona i grotteschi personaggi di quella storia fantastica. Nel 1936 Mario Monicelli gira a Viareggio il suo primo film in 35 mm, “Pioggia d’estate”, storia di un fugace amore estivo, insieme con i suoi carissimi amici Beppe, Luciano ed Ernes Zacconi, figli del grande Ermete. Lo stesso Ermete, con la moglie ed altri della sua Compagnia, viene coinvolto a coprire vari ruoli. Come interprete femminile è scelta la bella e brillante Ernes. Il partner maschile è l’amico Raniero Barsanti, noto sulle spiagge per la sua avvenenza (diventerà supermiliardario facendo il costruttore in Venezuela). L’operatore è Manfredo Bertini, poi Medaglia d’Oro della Resistenza. Luciano Zacconi è il costumista e lo scenografo. Beppe Zacconi e Giannetto Guardone gli organizzatori. Monicelli è eletto sceneggiatore e regista per la gloria acquisita come vincitore, sia pure per un film a passo ridotto, alla Mostra di Venezia e per l’esperienza acquisita come “terzo o quarto assistente” di registi professionisti. I soldi li tira fuori Ermete; ben pochi, quasi il costo della pellicola e del suo sviluppo e stampa. Il film ha scarsissima distribuzione, ma serve moltissimo a Monicelli per fare esperienza. Dopo “La stella del mare” (1938) di Corrado D'Errico, costruito intorno al tenore livornese Galliano Masini; “Finalmente soli” (1941) di Giacomo Gentilomo, per il quale fu girata una scena nel vecchio palazzo del municipio con scalinata e colonnato dorico (la scena si concludeva lungo via Regia con un passeggio di carrozze); “La famiglia Brambilla in vacanza” (1941) di Carl Boese, commedia ambientata in una famiglia della piccola borghesia urbana che viene sulla spiaggia di lusso di Viareggio alla ricerca di un marito facoltoso per la figlia, nasce a Viareggio nel 1946 un'iniziativa di un certa consistenza: un gruppo di cinefili, raccolti intorno alla famiglia Zacconi, fonda una casa cinematografica, Fiaba Film, per la produzione di favole per bambini; sua prima e unica produzione fu il film “Le avventure di Pinocchio” di Giovanni Battista Guardone, con Mariella Lotti, Vittorio Gassman, Luigi Pavese, Dante Maggio. Il film venne girato al cinema Eden, in pineta, sulla spiaggia, lungo la Farabola. Particolare curioso: Giuseppe Zacconi, figlio di Ermete, si espose per sette milioni di lire e dovette vendere la casa che la famiglia possedeva in via Garibaldi. Recentemente Roberto Benigni ha dichiarato che il film di Guardone è una delle più interessanti versioni cinematografiche della favola di Collodi. Nel 1947 è la volta di “Tombolo, paradiso nero” di Giorgio Ferroni, ascrivibile alla stagione del neorealismo; rappresenta il dramma delle 'segnorine' che si concedono alle truppe di occupazione nella zona tra Viareggio e Livorno; l'idea venne da un articolo di denuncia di Indro Montanelli, che poi fu coinvolto nella stesura della sceneggiatura. Un film di grande successo di pubblico fu “Puccini” (1952) di Carmine Gallone, interpretato da Gabriele Ferzetti. Alcuni esterni furono girati jn riva al Lago Massaciuccoli. Una delle sequenze, tra le più suggestive del film, “è il funerale sull'acqua della servetta Delia, suicida per amore del maestro, il quale aveva respinto i suoi timidi tentativi di stargli vicina, a causa delle chiacchiere del paese”. Gli stessi ambienti saranno filmati per lo sceneggiato televisivo “Puccini” del 1972. Una delle prime prove di Sophia Loren fu la parte sostenuta in “Pellegrini d'amore” (1953), di Andrea Forzano, nelle vesti di una ballerina che si finge una nobildonna. Gli esterni furono ripresi al Principe di Piemonte, in Darsena e in Passeggiata. “Guendalina” (1956) di Alberto Lattuada fu interamente girato tra Viareggio e Forte dei Marmi, compresi gli interni. Guidi ci parla dl talento della giovanissima Jacqueline Sassard, del nitore stilistico della regia, dei pregi della fotografia, del ruolo del paesaggio, quasi un co-protagonista della pellicola, lontano dagli stereotipi da effetto cartolina di altre opere. Nel film si vedono la pineta, il lungomare, la spiaggia, le cabine dei bagni, le darsene, via Coppino, il porto, le barche. Nella seconda parte del libro, che va dal 1960 al 1983, spiccano film importanti come “Una vita difficile” (1961) di Dino Risi, “La bella di Lodi” (1962) di Mario Missiroli, “Frenesia dell'estate” (1963) di Luigi Zampa, “La congiuntura” (1964) di Ettore Scola, “Comizi d'amore” (1964) di Pier Paolo Pasolini, “Mondo cane n.2” (1962) di Gualtiero Jacopetti. L'episodio girato a Viareggio di “Una vita difficile” è all'altezza del miglior Risi. Umberto Guidi ce lo fa quasi vedere il film, segue passo passo i protagonisti, Alberto Sordi e Lea Massari, coglie ogni sfumatura della loro interpretazione, ci mostra i luoghi e gli ambienti che sono parte viva dei loro stati d'animo. Negli anni Settanta si registra un certo appannamento d'immagine per la Versilia; la contestazione, il caso Lavorini, il clima politico, le tensioni sociali non risparmiano Viareggio. La città, come luogo ameno di vacanza e divertimento, perde smalto. I film girati portano i segni del cambiamento; vengono in auge il genere erotico e quello comico. Si apre la serie di pellicole come “Peccato veniale” (1973) di Salvatore Samperi, “Arrivano Joe e Margherito” (1974), “Oh, mia bella matrigna” (1976), “”Lo chiamavano Bulldozer” (1978), “Bomber” (1982), “Il petomane” (1983), “Senza vergogna” (1985”. Film di caratura opposta furono“Mordi e fuggi” (1972) di Dino Risi, che anticipava il clima fosco degli anni di piombo, “Un Amleto di meno” (1973) di Carmelo Bene, “La circostanza” (1973) di Ermanno Olmi. Nel 1982 enorme successo di pubblico ebbe “Sapore” di mare” di Carlo Vanzina, centrato sulla Versilia 1964. Ritroviamo numerosi set cinematografici versiliesi negli anni Novanta quando l'emergere del cinema comico toscano ebbe la Versilia come luogo di riferimento per le implicazioni autobiografiche di registi e attori. Il libro si chiude con le pagine dedicate agli ultimi set versiliesi tra cui quelli dei film “Sulla spiaggia e di là dal molo” di Giovanni Fago, “Contronatura” di Alessandro Tofanelli. Il volume di Umberto Guidi, graficamente accattivante, arricchito dalle foto scattate sui set, è un'opera unica nel panorama delle pubblicazioni sul cinema; trasuda il fascino della Versilia mitica, coinvolge con il racconto dettagliato delle vicende di ciascun set; ci fa conoscere da vicino personaggi leggendari del mondo cinematografico; illustra, con gli strumenti del critico più raffinato, pregi e difetti di ciascun film partendo dai giudizi della critica dell'epoca e dalla fortuna presso il pubblico. Antonio Carollo

Sunday, March 04, 2007

CARNEVALE, ESPRESSIONE DELL'ESTRO E DELLA CREATIVITA' DEI VIAREGGINI

Carnevale fortunato dal punto di vista meteorologico. Dopo quattro sfilate sotto il sole, l'ultima un po' bagnata, ma non ingrata quanto a incasso; col codicillo del rinvio a lunedì dei giochi pirotecnici. L'ottimismo dalle parti della Fondazione si spreca. Tofanelli dichiara, radioso, che non pensa affatto a dimettersi. Sono spariti tutti i problemi del Carnevale? Parliamo della manifestazione più sentita dal popolo viareggino; quella che ne rispecchia meglio la sua estrosità, la creatività, la scanzonatura, il tratto graffiante e satirico, la festosità, l’ariosità del suo carattere. La riprova di tutto ciò si è avuta con la mole di iniziative messe in atto da sempre più numerosi associazioni, rioni, gruppi teatrali, gruppi di figuranti, mascherate, carristi dilettanti. Carnevali dei rioni, concorsi di canzoni, canzonette, spettacoli teatrali si sono susseguiti con ritmi incalzanti con grande partecipazione e coinvolgimento di pubblico. Almeno tre carristi hanno attinto, quest'anno, i vertici dell'arte del carnevale. Qualcuno andrebbe un po' scosso da una sua certa stanca routine, ma si tratta di artisti che in Italia e all’estero ci invidiano. Il Carnevale è espressione diretta dell'anima viareggina. Il turista, oltre ai carri, stupefacenti, impressionanti, vuole sperimentare il fenomeno della corale partecipazione, delle musiche originali, delle ricchezze creative delle mascherate, dei costumi sfavillanti di ragazze e ragazzi coordinati in ritmi di grande effetto scenografico. Il carro è Carnevale, ma lo è pure lo scatenamento di bellezze, di armonie e di ritmi, di figurazioni fantasmagoriche, di allegrie e sberleffi. Un Carnevale è grande ed originale se riesce ad esprimere le caratteristiche più peculiari di una popolazione, a tirare fuori le sue potenziali espressività. La Fondazione deve incoraggiare tutto ciò, deve fornire gli strumenti, deve contribuire a suscitare e a scoprire talenti. Una gestione politico-burocratica è all'altezza di tutto questo?
Antonio Carollo

IL BILANCIO, BANCO DI PROVA DELLA COESIONE DELLA MAGGIORANZA

Archiviato il Carnevale, sull’agenda della Città compare il bilancio di previsione del Comune. Come dire, la scrittura degli impegni dell’Amministrazione per il 2007, accompagnati dalle indicazioni delle relative fonti di finanziamento. Finora è rimasto tutto top secret, tranne la notizia dell’aumento dell’addizionale Irpef da 0,10 a 0,45, che il sindaco Marcucci si è affrettato a comunicare alla Città con un’intervista e durante l’incontro con Alfredo Reichlin sul Partito Democratico, quasi a voler mettere le mani avanti su una misura che tocca le tasche dei contribuenti. Si parla di un passaggio del bilancio alla Giunta comunale; si presume per l’approvazione dello schema. Questa procedura appare singolare; difetta di un anello, quello dell’incontro con i partiti di maggioranza su cui cade la responsabilità di fare approvare il bilancio dai propri gruppi consiliari. Sottoporre ai partiti un bilancio già definito dalla Giunta significa metterli di fronte a fatti compiuti. Può agire un’Amministrazione senza il consenso preventivo delle componenti politiche della maggioranza?
Antonio Carollo

Thursday, March 01, 2007

UNA CORAGGIOSA DENUNCIA

“Gomorra” di Roberto Saviano, Mondadori, ha vinto nel giugno scorso il Premio Letterario Viareggio-Repaci per l'opera prima. Conobbi questo Autore in una serata presso uno stabilimento balneare sulla spiaggia di Viareggio agli ‘Incontri sotto le stelle’ con i vincitori e i finalisti del Premio. Mi stupì la sua giovane età: al tempo della stesura del libro non doveva aver superato i ventisei anni. Mi sembravano così pochi per un lavoro e un impegno di quella portata. Oggi, dopo aver letto e meditato sui contenuti del libro, trovo quasi naturale che quelle storie, quei personaggi siano raccontati da un giovane. A Napoli si fa presto ad aprire gli occhi su una realtà che ti viene sbattuta contro quasi ad ogni passo. Gli spettacoli dei corpi straziati, delle urla disumane delle donne, della prepotenza, dell’arroganza, della ferocia dei gruppi criminali organizzati, sono esperienze di quasi tutti i giorni, che ti segnano e ti fanno crescere in fretta. A Napoli un ragazzo di diciotto anni è più carico di vissuto di un trentenne non napoletano. Saviano ha immagazzinato tutto questo; si è laureato e si è messo al lavoro per creare, con la sola arma posseduta, la parola, raccontando semplicemente i fatti, una sorta di rete di resistenza contro l'assurdità, l'incredibile rovesciamento di valori, la sudditanza o la complicità di un ambiente, la violenza, la sopraffazione, la paura . Conoscere per raccontare (e svegliare le coscienze). Questo mi sembra il binomio caratterizzante un giovane intelligente che costruisce la propria vita sull’impegno teso a ridare dignità, pulizia, speranza, giustizia alla gente della sua città. La resistenza contro il conformismo e la rassegnazione, la rivolta contro la violenza morale e fisica trovano terra vergine più nel cuore, nella mente, nello slancio di un giovane che di un uomo maturo. Saviano quella sera non fu molto loquace; raccontò brevemente alcuni episodi dell’efferata guerra di camorra, delle sue investigazioni, della sua Vespa, ormai divenuta mitica (ne hanno parlato e scritto i media di mezzo mondo), con la quale riusciva spesso ad anticipare l’arrivo della polizia sul teatro dei delitti più atroci e a fissarsi nella mente le orribili immagini di volti e petti insanguinati, crivellati di colpi di quei poveri morti ammazzati. Più che la sua narrazione mi colpirono il suo tono grave, il volto come scolpito, le sue occhiaie, la sua barba severa, il suo sguardo diritto, il suo cranio rasato, la determinazione proiettata nelle parole. Saviano non parlava di vicende e personaggi di un romanzo, parlava di vita reale, di fronte ad un uditorio fortemente preso dalle sue parole che in quella occasione si lasciò scivolare di dosso la rilassatezza vacanziera.
I critici si sono lungamente soffermati sulla natura del libro: è un romanzo? un saggio? un reportage? Qualcuno, per ragioni di concomitanza professionale, non scevre da punte di invidia, lo definisce romanzo tout court perché basato su fatti già noti, non portati alla luce da rischiose investigazioni dell'autore. Sappiamo quanto sia sfuggente il concetto di romanzo. Per larghe approssimazioni si è d'accordo su un punto: si tratta di una narrazione di largo respiro. Io definirei il libro di Saviano romanzo-verità. Del reportage gli mancano la tecnica investigativa, la ricerca personale e la scoperta di fatti prima sconosciuti. Del saggio possiede la materia e la sua sistemazione; mancano le teorizzazioni, essendo la realtà narrata di bruciante percettibilità; inoltre il rigore della trattazione scientifica è inquinato, per così dire, dalla partecipazione emotiva dell'io narrante e dalla sua presenza sulla scena come coscienza critica di fronte agli orrori del potere criminale. Il narratore, a tratti, si materializza in un giovane che lavora all'interno del 'Sistema' oppure nelle vesti di un testimone ansioso di conoscere personaggi, meccanismi d'azione dei clan, motivazioni apparenti o segrete, regole non scritte dell'agire imprenditoriale-criminale, rapporti intercorrenti tra affiliati e boss, tra boss di diversi clan, rapporti di collaborazione, di delega, di autonomia tra clan. Le sue armi sono l'osservazione diretta, i sopralluoghi, l'immersione nel mare degli atti giudiziari dove è registrata dai magistrati ogni mossa dei gruppi di camorra, le consapevolezze e le intuizioni di chi è nato e cresciuto negli stessi luoghi dello strapotere criminale, conosce la struttura mentale degli attori in campo. Siamo lontani dal freddo report del lavoro giornalistico in cui spesso vengono affastellati fatti e nomi senza entrare nel vivo degli atteggiamenti di capi e sottoposti. In “Gomorra” si sentono distinti i battiti di un cuore che reagisce ma continua a immergersi in una realtà allucinante. Può darsi che sia stato fatto un grosso lavoro di editing, ciò nulla toglierebbe alla genuinità di una passione, alla ricchezza e all'attrazione di un racconto che sa muoversi con passo sicuro nel groviglio di ambizioni sfrenate, di esecuzioni, di guerre, di atti di dominio totale sopra i territori controllati. L'impatto di certe immagini, la razionalità perversa degli interventi nell'ambito di una gestione affaristico-criminale, le logiche della conduzione delle attività economiche per gran parte lecite, sono elementi vivi di una trama che si svolge organicamente attraversando uno per uno i grandi filoni su cui prosperano i clan di un sistema criminale di micidiale potenza: le merci, la droga, il cemento armato, l'edilizia, gli appalti, le armi, i rifiuti. Il libro si apre con la scena impressionante dello scarico di centinaia di cadaveri da un container, si chiude con la desolazione di una terra imbottita in ogni suo interstizio di rifiuti velenosi a contatto con una popolazione esposta a intossicazioni, leucemie, tumori. In mezzo la complessità di un potere imprenditoriale che occupa ogni snodo della vita economica del territorio e si avvale di una forza militare di straordinaria spietatezza ed efficacia. Roberto Saviano racconta tutto questo, padroneggiando la massa opaca di una materia incandescente, entrando nei gangli di gestione e di espansione delle miriadi di attività diffuse a livello planetario, costruendo un romanzo-verità di forte intensità e, al contempo, un documento di clamorosa denuncia.

Antonio Carollo

da girodivite.it