Monday, October 30, 2006

LA NUOVA BIBLIOTECA COMUNALE NON RIMANGA UN CONTENITORE INERTE E SEMIVUOTO
C'è interesse nella Città per la nuova biblioteca comunale. Molto apprezzati sono gli spazi dedicati alla biblioteca dei ragazzi e alle postazioni dei diciassette computer, oltre al giusto posto assegnato alle opere del Premio Letterario Viareggio-Repaci, alle donazioni di Cesare Garboli e di Giovanni e Vera Pieraccini. Adesso si può ripartire. La biblioteca deve interagire col mondo della cultura, con la scuola, con i giovani, con la città. Sarebbe auspicabile il ricorso a quelle forme nuove di creatività ed espressività che una biblioteca oggi è in grado di offrire utilizzando tecniche teatrali, TV, Web. Non solo, quindi, presentazione di libri, seminari, conferenze, incontri, che, però, rimangono la base su cui il pubblico deve contare. Altro discorso riguarda la consistenza e la validità del patrimonio librario della biblioteca stessa. Sappiamo che negli ultimi anni non si sono fatte acquisti di libri. Occorre rimediare al vuoto creatosi. Una biblioteca pubblica non può rinunciare ad intercettare una parte ben selezionata della produzione libraria. Significherebbe ridurre il suo ruolo a pura conservazione di modesti materiali difficilmente utilizzabili. Una biblioteca attiva deve testimoniare la cultura del tempo che attraversa per attirare utenti e studiosi. I tagli di bilancio non la devono uccidere. Gli acquisti vanno ripresi sotto la guida di un gruppo di esperti. Solo così si potrà dire che la rinnovata biblioteca non è un contenitore inerte e semivuoto.
Antonio Carollo

Monday, October 23, 2006

EDILIZIA ED ESPANSIONE URBANA ABNORMI STRAVOLGONO L’IDENTITA’ DELLA CITTA’.
Palazzoni, casermoni, falansteri, alveari, enormi edifici ad alta concentrazione abitativa, dice il vocabolario. Certo, dal tugurio o dalla baracca è un bel passo avanti. Ma è vero progresso? La risposta sta nello squallore di tante periferie di città. Ancora, sono compatibili questi manufatti con una città di antica tradizione turistica e culturale come Viareggio?
E' stato il senatore Milziade Caprili, durante un suo garbato incontro col pubblico, a riportarmi alla mente questi pensieri e queste immagini. Caprili ha parlato, tra l’altro, di una Viareggio che sta perdendo la sua identità a causa di una edificazione e di una espansione urbana abnormi. Il liberty, vanto della nostra città, viene squalificato da insulsi accostamenti. Viareggio è unica e va conservata nel rispetto delle sue irripetibili caratteristiche. Ad un certo punto bisogna avere il coraggio di dire basta all’espansione e alla sconcezza di certe costruzioni.
Caprili ha avuto anche la schiettezza e la sincerità di fare un accenno di autocritica ricordando gli edifici della legge 167 (edilizia economica e popolare), che risalgono all’epoca in cui egli stesso era amministratore comunale. Da allora, dico io, la situazione si è aggravata enormemente. E’ intervenuta la grande speculazione edilizia. Ai falansteri di tipo popolare si sono aggiunti quelli con pretese di prestigio ma con pari effetti esiziali per l’immagine della città.
Antonio Carollo

Friday, October 13, 2006

MARIO MARCUCCI IL PITTORE-POETA DI VIAREGGIO. NESSUNO S'E' RICORDATO DELL'ANNIVERSARIO DELLA SUA NASCITA


Il 10 agosto ricorre l’anniversario della nascita di Mario Marcucci (1910-1992), il pittore che, come pochi altri artisti, caratterizza lo straordinario patrimonio culturale di Viareggio. Nessuno se n'è ricordato. Qui possiamo fare solo un cenno sulla sua figura e sulla sua arte. Marcucci prende in mano un pennellino e dei pastelli a nove anni, spinto dal pittore Giuseppe Nerici.. La sua è una famiglia modesta, tutta dedita al lavoro. Il padre naviga su velieri, poi acquista una barca da pesca. Mario aiuta a vendere il pesce alla bottega; dipinge quasi di nascosto nei ritagli di tempo lasciati dal lavoro. Gli anni Venti sono gli anni della sua formazione, da autodidatta. E’ affascinato dai grandi maestri Giotto, Paolo Uccello, Masaccio, Piero della Francesca, Raffaello; osserva e riflette molto sui macchiaioli. Nel 1926 incontra Carrà e Soffici. Quest’ultimo lo incoraggia e gli indica la strada del realismo. E’ lontano da Lorenzo Viani, dal suo eccesso di espressività, dal suo impegno civile e dalla sua epica popolare. E’ influenzato dal mondo poetico di Rainer Maria Rilke. La sua mano è alla ricerca dell’essenza di un paesaggio, di una persona, nell’imminenza del suo precipitare nell’oscuro processo del divenire. La sua figurazione è la rivelazione di ciò che di intimo, di fresco, di luminoso la nostra interiorità può cogliere nella istantaneità dell’intuizione e del gesto pittorico. Le umili cose della quotidianità, la natura, soprattutto il mare, le persone che gli stanno attorno, sono gli oggetti su cui si posa lo stupore dell’artista nell’atto di ricavare dal materia il guizzo rivelatore di una visione immersa nella dolcezza di una atmosfera onirica. I poeti di Firenze vedono in questa pittura quasi una traduzione in immagini della loro poesia, chiusa nella preziosità di un anelito di vita e di bellezza.


Antonio Carollo

Thursday, October 12, 2006

LICEO SCIENTIFICO. L’INCUBO DELLA MANCANZA DI AULE
La grinta del Preside dello Scientifico e il movimento degli studenti stanno sortendo un qualche risultato. Ma la soluzione prospettata, in via Mazzini in certi locali del Comune, appare debole. Il disagio degli studenti e delle famiglie è grande. Il servizio scolastico, per sua natura, richiede tempestività e precisione. La mancanza di aule mi sembra il difetto peggiore. Purtroppo è un male storico per l’Italia: pensiamo alle condizioni delle scuole nel Sud. Certamente non è così per la Toscana. L’emergenza, però, è sempre dietro l’angolo. Un aumento di iscritti può mandare in tilt un Istituto. Gioca molto la capacità di previsione dei dirigenti scolastici e degli assessori al ramo, in base alle tendenze di affluenza in atto. Nel nostro caso c’è l’attenuante del cambio dell’amministrazione alla Provincia, dovuto alle elezioni. A mio parere la soluzione definitiva sta, come s’è detto più volte, nella costruzione di un nuovo edificio in zona periferica. Si otterrebbe il duplice vantaggio della funzionale sistemazione dell’Istituto e del decongestionamento di una parte del centro cittadino. Permettetemi di aggiungere un’idea cervellotica: si potrebbe abbattere l’attuale edificio del Liceo Scientifico, insieme al pazzesco prefabbricato annesso, per ridare splendore all’antico giardino sul retro del Palazzo delle Muse.
Antonio Carollo
LE RESPONSABILITA’ DEL CONSIGLIO COMUNALE CHE RINUNCIA AI PROPRI POTERI
Moreno Bucci, nel suo ultimo intervento, parla di diktat del sindaco ai gruppi consiliari per ottenere il voto favorevole sui propri provvedimenti. Tralasciamo se Bucci esageri o meno. Però ha messo il dito sulla piaga: è un fatto che il consiglio comunale non usi tutti i poteri-doveri ad esso assegnati dalla legge di riforma del 1990, con la conseguenza di ridurre il proprio ruolo a organo di ratifica delle decisioni di giunta. E’ un’auto-mortificazione che in una democrazia avanzata, come la nostra, non è più ammissibile. L’iniziativa per gli atti consiliari appartiene anche ad ogni singolo consigliere, e al consiglio nel suo complesso, non solo al sindaco. Il consiglio può modificare o integrare le proposte del sindaco. Senza il consenso del consiglio nessun sindaco può governare. In una parola il consiglio è “sovrano”, come spesso i consiglieri amano dire, senza però dare vera attuazione a questa espressione. Le riunioni di maggioranza e quelle delle conferenze dei capi gruppo si risolvono in un’informativa sugli atti e nella loro iscrizione in calendario. Questa mancanza di consapevolezza dei veri poteri del consiglio genera dei vuoti ormai molto appariscenti. I due mesi di vacanza del nostro consiglio ne sono una dimostrazione. Il sindaco ha altro da fare, i consiglieri stanno a casa. La Città si agita in una miriade di problemi, la porta dell’assise cittadina rimane sbarrata, il potere del sindaco diviene assoluto.
Antonio Carollo

Wednesday, October 11, 2006

Brucia di sole
e d'esilio la mia terra
Nella penombra della stanza
come chiare figure di velieri
vanno oltremare al vento i miei pensieri
verso gli incanti delle prime terre
Quanto derisi
sono i vostri pianti
sul sangue di figli
fratelli mariti,
donne di nero
sempre vestite
Mormorio di mare delle messi a giugno
sui colli l'assorta noncuranza degli armenti
Il gabbiano dondola sul mare,
vola felice la compagna intorno
Laggiù, sul filo
che lieve sfiora il quieto mare,
tre vele in fila filano lontane
Il sole corre sul viso dei bambini,
tra mare e sabbia,
l'amore va per la sua estate
UN AUTOSILO PER COMPLETARE LO SCEMPIO DELLA PIAZZA NIERI E PAOLINI
Il senatore Milziade Caprili vorrebbe demolire quella specie di ecomostro cittadino, che è il Municipio, per riportare all’antico splendore la piazza Nieri e Paolini. L’ha detto a “Viareggio Incontri”. In Comune pare si progetti di costruirvi, invece, un autosilo, elevato fino a due o tre piani, e forse anche più. Come dire: Caprili è per una città gelosa custode della sua identità turistica e culturale; il Comune è per un pragmatismo indifferente alle esigenze estetiche proprie di una città turistica. Due concezioni opposte.
Si sa, la storia di questa piazza è piuttosto singolare. Vi sorgeva, e le dava lustro, il glorioso Teatro Pacini, che i bombardamenti ridussero in macerie. Negli anni Cinquanta, anziché provvedere alla sua ricostruzione, il consiglio comunale decise di edificarvi il nuovo municipio. C’era un gran bello spazio, perché non approfittarne? Stessa sorte avevano subito il giardino sul retro del Palazzo delle Muse, con il Liceo Scientifico, e, prima ancora, il parco intorno a Villa Paolina, con il Liceo Classico e private abitazioni (ci pensate cosa sarebbe oggi Villa Paolina incastonata nel suo parco?).
La consapevolezza di questi errori ormai è maturata nella coscienza della cittadinanza. Ma al Comune pensano di completare lo scempio di piazza Nieri e Paolini; al posto del Teatro mettiamoci un bel autosilo; è economico e redditizio.
La tipologia edilizia a Viareggio è fortemente caratterizzata. Si pensi alle case viareggine, al liberty, ai negozi lungo la Passeggiata, agli alberghi, alle piazze. Vogliamo uccidere questa Viareggio con degli autosilos dislocati proprio in centro? Credo che ormai, di fronte a pericoli di questo genere, ci si debba risolvere una volta per tutte, a livello cittadino. La soluzione obbligata, a mio parere, sta nei parcheggi sotterranei.
Antonio Carollo

Tuesday, October 10, 2006

UN RICORDO DEL MIO AMICO PIERO BIGONGIARI GRANDE POETA TOSCANO
Piero Bigongiari è nato a Navacchio (Pisa) nel 1914 ed è morto a Firenze nel 1997. Per decenni ha vissuto a Firenze, in una bella casa sull’Arno. Ha insegnato letteratura Italiana all’Università di Firenze. Ha partecipato, negli anni trenta, al movimento letterario, l’ermetismo, che tanta parte ebbe nel rinnovamento della letteratura di quegli anni. Iniziò la sua attività collaborando alle riviste “Campo di Marte”, “Prospettive”, “Letteratura”. Ha fatto parte della redazione di “Paragone”. La sua opera poetica è racchiusa nei volumi: “La figlia di Babilonia” (1942), “Rogo (1952), “Il corvo bianco” (1955), “Le mura di Pistoia” (1958), “Torre di Arnolfo” (1964), “Antimateria” (1972), “Moses” (1979), “Col dito in terra” (1986), “Nel delta del poema” (1989), “La legge e la leggenda” (1992). Ha scritto diversi volumi di saggi sulla poesia italiana del Novecento, sulla poesia francese del Novecento, sulla funzione simbolica del linguaggio poetico, su Leopardi, sull’arte (dal barocco all’informale), su Giorgio Moranti, sul pittore americano Pollok.
Il critico Stefano Crespi, parlando di Bigongiari in un convegno, ha detto che la sua poesia è difficile e complessa; è conosciuta, ma non è letta. Non è, ad esempio, nell’antologia di Pier Vincenzo Mengaldo. Perché? Una risposta potrebbe essere questa: non entra nella tradizione poetica italiana. La tradizione privilegia il canzoniere, cioè alcuni temi, pochi. Non è così per Bigongiari; egli ha una concezione della poesia che tende al “poemaromanzo”; in lui sono ugualmente fondativi sia lo specifico della poesia, sia i libri di critica e di estetica. La sua critica ha bagliori di poesia. L’opera di Bigongiari esige una certa frequentazione. Una delle chiavi è la metafora del viaggio; ma se nella tradizione, in Omero, in Virgilio, in Dante, nei poeti romantici, il viaggio indica una meta, un senso finale, profetico, ha un progetto, una storia, in Bigongiari è senza meta, la cronologia è rovesciata, non esiste il tempo progressivo; per il poeta il tempo è reversibile, è vissuto in prima istanza nella scrittura. Questo viaggio non è un’esperienza in parallelo, la poesia non deve riflettere un contenuto; la soluzione è nella ricerca. Come si può giudicare la vita se essa nasce nel mistero e nel mistero sparisce? Non vi sono punti di riferimento, lo storicismo, l’idealismo, le avanguardie. Abbandonato l’essenzialismo lirico della stagione ermetica, la scrittura di Bigongiari si fa volutamente inessenziale; è una dismisura, è la parola che diventa voce, ignoto, avventura, metamorfosi, di un viaggio po’ematico che non accetta la fine; è un “vortice” che dal presente fluisce a ritroso a trovare il suo punto di origine. La parola vuole cogliere l’eternità e l’intemporalità dell’essere, insieme alla forza e alla precarietà dell’esistere. Il dolore, il pianto sono irrelati; il viaggio è il luogo continuo delle antitesi: tempo-eternità, parola-cosa, memoria-oblio, vita-morte, essenza-esistenza, acqua-fuoco, luce-ombra, si articolano come due facce di una profonda unità, di una misteriosa realtà. Piero Bigongiari, pur molto amico di Mario Luzi, è profondamente diverso; possiamo cogliere la differenza in queste locuzioni: Bigongiari: “Anche irriconoscibile a me stesso, ma fedele all’ignoto”; Luzi: “Vita, fedele alla vita”. Il mito del labirinto appare spesso nelle ultime opere. La scrittura è una traccia, un graffito, un filo attorno e aggrovigliato che permetterà al poeta di uscire dal labirinto, dal caos del magma; è una materia informale. L’andamento è meditativo, fluente, molteplice, inarrestabile: una non mai esausta erranza.
Ricorrono spesso le parole mare, fiume, uccelli (amato gabbiano), roccia, pietra; il linguaggio è fortemente metaforico. Poesia sulla poesia. Bigongiari ha bisogno di scrivere per esistere. “Solare la parola porta ombra / sonno riposo acquiescenza: rocce / repentine parlano profonde….”. L’esperienza surrealista è perfettamente assimilata: “ed ecco apparvero erinni dai seni di pietra”; l’immaginazione è inesauribile.
Piero Bigongiari ha viaggiato molto: Stati Uniti, Francia, Egitto, Austria, ecc. Il suo diventa un viaggio doppio; non smette di scrivere; si direbbe che l’apertura al reale accresca la spinta all’altro viaggio, nell’inconscio, “nel fondo melmoso”.
Gli ascendenti di Bigongiari possiamo individuarli, principalmente, nei poeti metafisici inglesi, Leopardi, Eliot, Pound, Valery, passando per Baudelaire, Rimbaud, Mallarmè, i surrealisti. Ma la loro lezione rimane nello sfondo, diviene sapienza e padronanza di linguaggio. Bigongiari va oltre, inscrive sui materiali la sua cifra originale, vi accende il suo cammino pulsionale tra vibrazioni, scoppi, voli, cadute. “Non so se ho costruito con la roccia / una sorgente o con l’acqua del mare / ho scavato il deserto che mi inoltra / fino a te che non mi puoi dissetare”. “Mia roccia / tu spiccia quanto Iddio ne ha sottratto”. Il poeta ha sete di sapere: “il visibile è il reale, l’invisibile è la verità”. La poesia è il continuo tentativo di allargare il reale, attraverso il suo segno grafico e semantico.Ma è una ricerca mai appagata. La vita, l’arte è “una carne bianchissima” che fiorisce nel deserto, ma è anche un pianto oscuro che ricama lo “scialle dell’amore”. Si sente il sottofondo del pensiero leopardiano, sviluppato e scarnificato fino a provocare il corto circuito (“si accende la luce, ma non un altro paradiso”).
Il pensiero della morte ritorna insistente, così come quello di Dio. “Il cricchio orrendo della morte cammina su questa velina”. “Propongono i caprifoglio lungo un fiume la morte riflessiva per acqua”. “La morte non separa che l’inseparabile, ma questo / così fragile dirsi addio possibile che a quel Dio / nascosto da se stesso non dica niente”.
La poesia è esistenza espressa, si condensa in dolore, angoscia della morte, sangue, pianto, perché al suo posto appaia l’invisibile, la verità.
Antonio Carollo
CHI HA PAURA DI MORENO BUCCI ?
Chi ha paura di Moreno Bucci? Qui la grande Virginia Woolf non c’entra. C’entra invece un candidato consigliere comunale, primo dei non eletti nella lista della Margherita, che, pur in presenza delle circostanze di legge, praticamente è escluso dal seggio in consiglio comunale cui avrebbe diritto. Un anno e mezzo fa il presidente del consiglio, Antonio Simonetti, si ammalò. Da allora non ha potuto più svolgere le proprie funzioni, neanche quelle di semplice consigliere. Allo scoccare di un anno di assenza si pensava si avviassero le procedure di sostituzione, fatta salva la possibilità di un suo felice rientro. Purtroppo, a distanza di tanto altro tempo, questa possibilità non si è avverata. Il consiglio non sembra accorgersi dell’anomalia derivante dalla sua composizione non perfetta. L’altra sera ho assistito ad una seduta. Tutto tranquillo. Anche Bucci pare aver preso la cosa con filosofia. Rimane però un fatto: il protrarsi di questa situazione aggrava la responsabilità di chi deve provvedere (qualcuno parla di comportamento illecito). Le conseguenze di una simile situazione sono: un cittadino viene privato del suo diritto di elettorato passivo, gli elettori si ritrovano senza un loro rappresentante, una lista non dispone del numero degli eletti ad essa spettante, il consiglio comunale non può avvalersi dell'apporto di un suo componente dotato di grande esperienza amministrativa. Aggiungiamo che l’irregolare composizione del consiglio, ove fosse accertata, potrebbe essere causa di annullamento delle deliberazioni adottate. C'è buonafede in tutto questo? E' il momento di dimostrarla con i fatti. Questa vicenda, così paradossale, m'induce a pensare a quanto sia volatile la sensibilità democratica tanto spesso ostentata.
Antonio Carollo

Monday, October 09, 2006

NEL MIRINO LA GALASSIA DELLE DODICI SOCIETA’ PUBBLICHE
I dati sul complesso delle società del Comune sono sorprendenti: vi figurano ben dodici aziende. A queste vanno aggiunte le due Fondazioni del Carnevale e del Festival Pucciniano e, forse, una terza in fieri per la gestione della Cittadella e dei palazzi storici. Si parla giustamente di “galassia”.Gli amministratori sono in numero di 61, dei quali diversi con incarichi plurimi; un centinaio, aggiungendo i gestori delle fondazioni. I compensi vanno da 3.600 a 90.000 euro. Non male per una cittadina di 60.00 abitanti. Mi hanno insegnato che un’azienda pubblica si giustifica se è chiamata a gestire uno o più servizi pubblici, cioè servizi resi direttamente alla collettività, come gas, acqua, rifiuti, trasporti, ecc. Alla luce di questo principio vediamo quali, delle aziende in esame, assolvono questo compito. Sea energia e ambiente si occupa di rifiuti, Sea risorse di raccolta differenziata e di rifiuti speciali (perchè due aziende?), Seacom di gas, Idrosea di acque industriali (perchè non accorparla a Seacom?), Azienda Speciale Pluriservizi di farmacie, Mover di parcheggi, Viareggio Porto degli approdi turistici, Viareggio Versilia Congressi della convegnistica. Non hanno per oggetto un servizio pubblico prestato ai cittadini: Sea progetti, Consorzio stabile, Sea impresa. Il numero delle società, a mio avviso, si potrebbe ridurre, almeno, di cinque unità. Evidentemente la normativa viene interpretata estensivamente: è consentito tutto ciò che non è vietato. Un discorso a parte merita la Società Viareggio Patrimonio, che, di fatto, ha espropriato il Comune del 70 per cento delle sue funzioni. La materia è scottante perchè il costo per il funzionamento di queste società, non lieve, va a gravare sulle tariffe e sulle tasche dei contribuenti. E' giusto continuare su questa strada di ingegneria organizzativa e finanziaria? Sarebbe auspicabile un approfondimento e un pubblico dibattito tra le forze politiche e nella società viareggina.
Antonio Carollo